Con la sentenza del 30.05.2019 n. 24152 la Corte di Cassazione delinea i confini tra abuso del diritto/elusione fiscale non penalmente rilevante e il reato di dichiarazione infedele ex art. 4 d. lgs n. 74/2000.

Dopo aver ricordato il dettato normativo dell’art. 10 bis, introdotto nella L. 212/2000 dal d. lgs n. 128/2015, la Corte chiarisce come “l’abuso sia una categoria diversa dalla simulazione, dalla falsità, dalla fraudolenza”, con la conseguenza che il reato di dichiarazione infedele deve ritenersi integrato in presenza di “comportamenti simulatori preordinati alla immuatio veri del contenuto della dichiarazione ed integranti una falsità ideologica caratterizzante il fatto evasivo”.

I giudici di legittimità ribadiscono inoltre i limiti di utilizzabilità delle presunzioni fiscali nel processo penale, ricordando come esse, non potendo costituire di per sé fonti di prova della commissione dell’illecito, abbiano il valore di meri dati di fatto che il giudice penale deve liberamente valutare. Solo in sede cautelare –precisano i giudici di legittimità- le presunzioni fiscali possono costituire fonte di prova, avendo esse un “valore indiziario sufficiente ad integrare il presupposto del fumus commissi delicti necessario ai fini dell’applicazione della misura cautelare”.