La contestazione all’origine della lite nasce dall’importazione di prodotti originariamente dichiarati “parti riconoscibili come destinate esclusivamente o principalmente” ad un prodotto finito in quanto sottoposti, dopo lo sdoganamento, ad una procedura di taratura ritenuta essenziale. L’Agenzia delle Dogane contestava che i beni avessero già essi stessi tutte le caratteristiche essenziali dei prodotti finiti, e fossero pertanto da classificarsi come tali, non ritenendo essenziale la “taratura”.

La difesa della Società importatrice eccepiva che i beni non presentassero le caratteristiche essenziali del prodotto finito poiché, senza la taratura – che richiedeva competenze e strumentazioni speciali – i beni importati non potevano svolgere la propria funzione fondamentale, né potevano essere commercializzati.

Inoltre, a sostegno della propria posizione, la Società ricordava che, ai fini del rilascio di una I.V.O. (Informazione Vincolante in materia di Origine) relativa ad un prodotto similare, la stessa Agenzia delle Dogane aveva in precedenza attribuito alla taratura la natura di “lavorazione essenziale e complessa”. La Società sosteneva quindi la rilevanza – dal punto di vista della necessaria coerenza dell’Amministrazione – di tale classificazione.

Con Sentenza n. 314 del 9 dicembre 2019, i giudici della Commissione tributaria provinciale di La Spezia hanno accolto il ricorso attribuendo rilevanza alla dichiarazione I.V.O.. I giudici – dopo aver rilevato che “Correttamente l’Ufficio evidenziava che la IVO richiesta faceva fede solo sull’origine della merce importata” – affermano peraltro di poter valutare il merito di tale dichiarazione “e rilevare che nel contenuto dell’IVO si parla di essenzialità delle lavorazioni e trasformazioni sostanziali effettuate in Italia che consistono in operazioni di calibratura, taratura magnetica e termica, sigillatura e finissaggio”.

Nel caso di specie il collegio giudicante considera “essenziali” le operazioni di taratura apportate dalla Società sul prodotto qualificandole come “attività di manipolazione complessa” e, concordando con la difesa della stessa e richiama l’insegnamento della Corte di Giustizia UE (Sent. Medion AG e Canon Deutschland Gmbh, cause riunite C-208/06 e C-209/06,) secondo cui “se il prodotto importato necessitava di una manipolazione complessa tale da non poter essere effettuate da un ente privo di competenza particolari, tale prodotto non poteva essere riclassificato sotto la voce doganale attribuita dalla Dogana in quella fattispecie” concludeva: “Poiché pertanto il prodotto importato non presenta le caratteristiche essenziali del prodotto finito, correttamente parte ricorrente ha attribuito allo stesso una diversa classificazione rispetto a quella attribuibile al prodotto finito”.