Con la recentissima sentenza 2 aprile 2021, n. 9135, la Cassazione, pur rilevando un “quantomeno improprio utilizzo della strumentazione fiscale”, non considera abusiva la complessa operazione commerciale tra due società, controllante e controllata, se è possibile cogliere l’effettivo scopo economico perseguito dalle parti.

Posto che la pretesa concerne un tributo armonizzato (Iva), i giudici della Suprema Corte ritengono necessario esaminare la giurisprudenza euro-unitaria secondo cui ai fini della configurazione di una pratica abusiva sono necessari:

–  un elemento oggettivo che si manifesta in un insieme di circostanze da cui risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da detta normativa non è stato raggiunto, e

un elemento soggettivo, nel senso che deve risultare da un insieme di circostanze oggettive che lo scopo essenziale delle operazioni controverse è ottenere un vantaggio indebito, anche indirettamente non voluto dal sistema tributario, non vietato peraltro da una disposizione espressa, mediante la creazione artificiosa delle condizioni richieste per il suo conseguimento.

D’altra parte, la Cassazione richiama anche alcuni propri precedenti (tra gli altri, sent. n. 33593/2019) coerenti con quanto espresso dalla Corte di Giustizia e stabilisce che: “il risparmio è, quindi, sempre “illecito” quando rappresenti l’essenza (la parte preponderante, se non essenziale comunque prevalente) dell’oggetto del contratto o degli accordi nel loro complesso”.

Muovendo da tali premesse i giudici esaminano nel dettaglio la complessa operazione commerciale e nonostante rilevino un “quantomeno improprio utilizzo della strumentazione fiscale” – la pretesa erariale scaturiva, essenzialmente, da una serie di operazioni con cui la società controllante dapprima ordinava alla controllata la costruzione e la fornitura di macchinari per cui la seconda emetteva le relative fatture che, però, non venivano saldate dalla controllante ed in seguito venivano stornate dalla controllata con apposita nota di credito – confermano la sentenza dei giudici della Commissione tributaria regionale che avevano colto lo scopo economico perseguito dalle parti con l’operazione in esame.

Nel caso di specie, infatti, era appurato che la controllata aveva davvero costruito gli impianti richiesti dalla controllante ed emesso le relative fatture in acconto e la ragione economica consisteva nella realizzazione delle opere senza affrontare gli ingenti costi in un’unica soluzione. Tale conclusione viene valorizzata anche dai Supremi Giudici che considerano il vantaggio fiscale conseguito dalla controllata un effetto “collaterale” dell’intera operazione economica, e non il suo scopo, come – invece – contestato dall’Ufficio che riteneva vi fosse un’interposizione soggettiva priva di alcuna ragione economica.